Il regime islamico iraniano giustizia due uomini perché gay

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La notizia di questa sera l’apprendo dal The Jerusalem Post, che ci porta in Iran dove continua la politica omofoba che è culminata con l’uccisione di due uomini sulla base del suo sistema di legge anti-gay della Sharia.

I due uomini iraniani, Mehrdad Karimpou e Farid Mohammadi, sono stati giustiziati nella prigione di Maragheh domenica, dopo ben sei anni di carcere.
Purtroppo il regime iraniano ricorre spesso all’accusa di sodomia per imporre la pena di morte a gay e lesbiche e, secondo un dispaccio britannico su Wikipedia del 2008, lo Stato ha giustiziato tra i 4.000 e i 6.000 omosessuali dalla rivoluzione islamica del 1979.
La notizia sta facendo il giro del mondo e i tweet si susseguono, come quello pubblicato da Iran Human Rights Monitor:

I siti web sui diritti umani hanno identificato gli uomini come Mehrdad Karimpou, 32 anni, e Farid Mohammadi. Sono stati arrestati 6 anni fa e sono rimasti nella prigione di Maragheh fino alla loro esecuzione”.

Altro tweet arriva dal giornalista iraniano-americano Karmel Melamed:

Il regime degli Ayatollah in Iran ha appena giustiziato due omosessuali per il reato di sodomia. Dov’è l’indignazione del Segretario di Stato americano Antony Bliken, GLAAD e di altri gruppi LGBT negli Stati Uniti per questo crimine orribile?”.

Proprio al Jerusalem Post Peter Tatchell, attivista LGBTQ+ e per i diritti umani ha dichiarato che: “L’Iran è uno dei paesi a maggioranza musulmana che applica la legge della Sharia e impongono la pena di morte per l’omosessualità. L’esecuzione di questi uomini segue un lungo regime politico che sanziona gli omosessuali con la morte. La comunità internazionale deve imporre sanzioni ai funzionari del regime, ai giudici e al personale carcerario che hanno autorizzato queste esecuzioni, ai responsabili dei molti altri casi di abusi sui diritti umani in Iran, inclusa l’impiccagione di pacifici curdi, attivisti arabi baluch e ahwazi con false accuse di terrorismo”.

Importante dichiarazione arriva dalla dissidente iraniana, Sheina Vojoudi, nonché protagonista che ha fatto esplodere le politiche anti-LGBTQ del regime, la quale afferma che le carceri in Iran sono piene di persone che non hanno commesso alcun crimine ma persone come Saeed Toosi, importante recitatore del Corano, dopo l’accusa di stupro da parte di 19 ragazzi è rimasto al suo posto perché protetto dalla Guida Suprema. Invece le persone transgender e gli omosessuali devono essere arrestati o giustiziati.

Nel 2014 il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Ebrahim Raisi, ha dichiarato che le relazioni omosessuali non altro che ferocia. 
Parole a cui fanno seguito i fatti come, l’arresto di una ragazza lesbica, Sarah, mentre cercava di fuggire . 
Oppure lo scorso marzo, quando un importante regista teatrale del regime iraniano, Ghotbedin Sadeghi, ha lanciato uno sfogo omofobo contro la comunità LGBT+ suscitando indignazione da parte degli attivisti.

Questa esecuzione, ahimè, non è la prima di cui il The Jerusalem Post si occupa. Infatti, nel 2016 il regime iraniano aveva giustiziato un minorenne perché gay o quella del gennaio 2019 quando venne impiccato pubblicamente un uomo con l’accusa di omosessualità.

Quando finirà tutto questo sarà probabilmente troppo tardi per migliaia di persone.

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